Archive for Agosto, 2011

Ago 23

Un pó di relax

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Dopo quasi 3000 km di viaggio un pó di relax non guasta affatto. Il primo impatto con san Diego non poteva essere più positivo di così. Al momento direi che ci vivrei molto volentieri. Vedremo se confermare questa sensazione anche domani, dopo aver visitato il centro.

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Ago 23

Colazione starbucks

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Prima colazione a san Diego

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Ago 23

VI tappa, Capitol Reef – Monument Valley – Grand Canyon

Sveglia ore 8.00 come tutte le mattine, colazione mediocre offerta dal motel, preparazione dei bagagli, programmazione del navigatore e via che si parte verso una delle tappe più affascinanti del viaggio.

Dopo aver lasciato il Rodeway Inn ci dirigiamo verso la cittadina di Hanksville dalla quale svoltiamo in direzione Mexican Hat, paese dal quale si fa accesso alla Monument Valley. Convinti di fare solo deserto fino a quel punto lasciamo telecamere e macchine fotografiche nello zaino ma ben presto dobbiamo ricrederci ed armarci di tutto punto.

Prima passiamo dal Lake Powell, un lago artificiale formatosi in seguito alla creazione di una diga. Non siamo particolarmente interessati a paesaggi artificiali quando possiamo godere della magnificenza di madre natura ma devo ammettere che qualche foto sulla spiaggia del lago l’abbiamo scattata. Lo stacco che vi è tra il lago e le rocce attorno ha comunque il suo fascino, anche se il tutto non è naturale.

La sorpresa più bella la troviamo però appena prima di arrivare a Mexican Hat. Dopo aver guidato per chilometri e chilometri lungo una strada abbastanza anonima in men che non si dica ci troviamo di fronte ad una discesa non asfaltata lungo il ripidissimo pendio di un cayon dalla quale è possibile ammirare tutta la vastità degli stati dello Utah e dell’Arizona, uno spettacolo magnifico.

Arrivati a Mexican Hat cominciamo la marcia verso la Monument Valley. Le caratteristiche Mesa si vedono all’orizzonte, questo è il paesaggio visto più volte in decine e decine di film, la foto all’inizio del post è stata scattata proprio durante l’avvicinamento. L’atmosfera è veramente particolare, parcheggiamo la macchina ed in silenzio ammiriamo questo fantastico spettacolo.

Per non farci mancare nulla approfittiamo anche della nostra Jeep per fare lo sterrato di un’ora che ci porta in giro per la Monument Valley, una bella emozione.

Passata la Monument programmiamo la nostra prossima tappa, il Grand Canyon per il tramonto. Già ammirato nello scorso viaggio sappiamo di non poter perdere questo spettacolo, anche se questa volta il tutto è più tranquillo, ci fermeremo al Grand Canyon due giorni quindi se manchiamo il primo possiamo sempre vedere il secondo.

Arriviamo in tempo, unico problema è che all’ingresso del parco becchiamo un temporale spaventoso con grandine che mette in crisi i vetri della macchina.

Fortunatamente il diluvio passa, ma passa lasciando una nuvoletta a coprire il sole, trasformando il tramonto in un paesaggio di colori veramente particolare per cui possiamo dire che ne è valsa la pena; il tramonto con cielo sereno lo ammireremo poi il giorno successivo.

E come sempre ecco la mappa di questa VI tappa…

e le foto…

2011-08-19 From Capitol Reef to Monument Valley to Grand Cayon Sunset

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Ago 19

V tappa, Kanab – Bryce canyion – Capital Reef

Ci eravamo quasi scordati della particolare usanza della polizia locale, sostituire gli agenti con dei manichini piazzati nelle automobili.

Questa è stata la partenza stamane da Kanab in direzione Bryce Canyon. Il Bryce regala sempre emozioni indescribili ma quest’anno è stato ancora più generoso; durante la prima sosta con relativa passeggiata nel canyon ha deciso di rovesciarci addosso un temporale monsonico, o storm come dicono i locali mentre corrono come matti prima sotto gli alberi per ripararsi e poi da altre parti una volta realizzato che durante un temporale sotto un albero non è bello stare.

Noi optiamo per la soluzione “corsa verso la macchina”. Arriviamo completamente lavati, riusciamo giusto a scappare dentro, lasciare passare un attimo la tempesta ed uscire per cambiarci quando ecco che un nuovo temporale si abbatte su di noi. La giornata al Bryce si è svolta tutta cosi, noi che cerchiamo di vedere qualcosa ed il temporale che riparte e ci fa scappare in macchina. Comunque sia abbiamo visto abbastanza per poter affermare che questo posto è veramente da perdere il fiato.

Fatto il Bryce ci dirigiamo verso la metà della V tappa, uno sperduto Motel in mezzo al niente nella cittadina di Caineville, 24 abitanti dichiarati. Per arrivare qui però bisogna passare una delle strade più belle d’America, la statale 12. Il panorama cambia in continuazione, guidare qui è un piacere, ci concediamo un caffé a Escalante e poi direzione Boulder e Capital Reef, un altro capolavoro di Madre Natura, per poi arrivare in questo Motel immerso nel nulla. Peccato non ci sia bel tempo e non si possano guardare le stelle perché, sarebbe stato sicuramente uno spettacolo particolare. Comunque sia il personale è gentilissimo indicandoci dei posti dove potersi nutrire nelle 25 miglia nei pressi dell’hotel.

Dopo aver finalmente mangiato una bistecca come si deve al red rock di Hankesville siamo tornati in camera, guardato un film (le colline hanno gli occhi, a tema con il posto) ed ora pronti a dormire prima della tappa più lunga che ci porterà al Grand Canyon passando per la Monument valley,

Ed ecco la mappa del percorso di oggi…

e le foto della giornata…

2011-08-18 Bryce Canyon Capital Reef

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Ago 19

III e IV tappa, Las Vegas e Zion National Park

Lasciato il deserto e la calda cittadina di Pahrump anche Las Vegas non è da meno, l’accoglienza è delle migliori, 110°F, circa 40°C.

La sorpresa più gradita la troviamo al momento del check-in, i nostri bagagli sono arrivati sani e salvi, anche se un pò provati dal lungo viaggio. Recuperato il guardaruba facciamo visita alle nostre camere per poi lasciarci andare alle attrazioni della Strip; non quelle che pensate voi anche se ho collezionato un gran numero di figurine di donnine.

Una bella passeggiata avvolti dalla temperatura del luogo ci demolisce completamente, un continuo fuori e dentro dai casinò in cerca di refrigerio che alla fine ammazza. Il problema è la concezione di freddo americana, una bibita fredda è una bibita che esce dal frigorifero e poi viene completamente annacquata da un numero imprecisato di cubetti di ghiaccio, mentre un luogo “rinfrescato” con aria condizionata è sicuramente prossimo ai 10°C. Lo stacco tra interno ed esterno è abbastanza brusco, quasi da formare gruppi nuvolosi nei pressi delle porte.

L’idea era quella di fare un giorno di pausa per riposarci dalle miglia percorse in macchina, in realtà non vediamo l’ora di rimetterci in viaggio per riposarci un pò da Las Vegas. Come scrissi anche durante lo scorso viaggio l’impatto è strano, passare da chilometri e chilometri di poco nulla ad un momento in cui si è circondati da persone di ogni tipo, personalmente ribadisco la mia opinione, preferisco il deserto.

Passata la notte al Montecarlo ci prepariamo alla tappa del giorno, lo Zion National Park con arrivo a Kanab. Il viaggio verso il parco è fantastico, un susseguirsi di paesaggi prima desertici, poi rocciosi fino ad arrivare alle porte del parco. Durante il tragitto ci siamo anche concessi un pranzo in un luogo isolato dove, a detta del proprietario, si cucinano i “best buffalo burger ever”. Non possiamo sapere se fossero veramente i migliori hamburger di Buffalo ma non ci possiamo lamentare, il pranzo ed il luogo ci hanno più che soddisfatto.

Dopo una breve pausa caffé alle porte del parco (gli americani non lo sanno ancora fare e probabilmente non lo sapranno mai fare) parcheggiamo il mezzo e prendiamo la navetta che ci porta all’interno del parco. Evitiamo tutte le fermate intermedie con l’unico obbiettivo di arrivare alla fine del percorso stradale e prendere il sentiero che ci porterà a guadare il fiume, cosa che non siamo riusciti a fare per motivi di tempo l’anno precedente.

Da questo momento in avanti tutto diventa stupendo, un numero imprecisato di scoiattoli dei quali scopriamo con sorpresa essere anche animali carnivori e cannibali, qualche cerbiatto fino poi ad arrivare, immersi in un paesaggio da sogno al fiume. Ci attrezziamo di ciabatte (la scelta giusto sarebbero le scarpe e chissenefrega) e facciamo il primo passaggio stando attenti a non scivolare. Da li in avanti è un continuo passare il fiume da destra a sinistra e da sinistra a destra fino ad arrivare a punti in cui l’acqua ci arriva quasi alla testa, un acqua freddissima (in stile americano) che però ci regala un pò di refrigerio dalle temperature a cui ci stavamo abituando.

Il nostro obbiettivo è il raggiungimento di un luogo in cui le pareti del canyon arrivano quasi a toccarsi ma purtroppo, parlando con gente sulla via del ritorno, ci rendiamo presto conto che dovremmo ancora guadare fiumi per ore. Quello che abbiamo visto rimane comunque uno scorcio di paradiso, sufficiente a farci ritenere soddisfatti, girare gli zaini e tornare verso la macchina.

Sulla strada per Kanab ultima sorpresa, qualche miglio primo di arrivare a destinazione troviamo un’indicazione che porta alle Coral Pink Sand Dunes. Avendo ancora un due orette di luce decidiamo di seguirla e vedere dove porta. Bastano solo poche miglia e, dopo aver evitato diverse mucche che ci attraversano la strada arriviamo in un posto totalmente fuori dal contesto in cui ci trovavamo, un paesaggio di dune di sabbia finissima in totale stile deserto in mezzo a foreste e roccia, fantastico. Ci rotoliamo un pochino nella sabbia, facciamo qualche scatto e poi giriamo la macchina, evitiamo qualche mucca e procediamo verso Kanab.

La sera finalmente riusciamo a trovare un locale che faccia della carne senza salse sasline salsette di ogni tipo, una bella T-Bon come si deve. Dobbiamo essere onesti, questa non sarà mai come le nostre fiorentine ma, dopo aver mangiato per giorni carne condita con “cane morto” (come dice uno di noi), rimane più che accettabile.

Prima di questo nuovo viaggio non sapevamo come sarebbe stato ripassare per luoghi già visitati; in realtà è tutto talmente vasto, stupendo ed eterno che è impossibile dire che posti come questi vanno visti una volta sola, c’è sempre qualcosa in più da fare e vedere rispetto alla volta precedente.

Ecco come sempre il percorso di questa tappa, in realtà delle due tappe, Pahrump – Las Vegas e Las Vegas (Zion) Kanab.

Ed ecco le foto della giornata…

2011-08-16 Las Vegas e Zion park

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Ago 17

Bagagli…

Piccolo aggiornamento tanto atteso… dopo aver effettuato il check-in ci siamo finalmente ricongiunti ai nostri bagagli ed ora possiamo anche cambiarci e, per quanto mi sia affezionato a questo stile tettesco, posso anche tornare a mettermi delle scarpe.

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Ago 16

II tappa, Death Valley

115°F, 46.1°C, a detta di una guida il posto più caldo della Terra, l’altra meno intraprendente si limita a definirlo il posto più caldo degli Stati Uniti. Comunque sia fa caldo, molto caldo, talmente caldo che respirando si sentono scottare le narici. Uno probabilmente dei posti più inospitali della Terra, ma allo stesso tempo lasciatemelo dire, uno dei più affascinanti che io abbia mai visto.

Arriviamo all’interno della Death Valley intorno alle 3 del pomeriggio, la macchina tiene bene, sia la temperatura interna che la temperatura dell’acqua, uno dei fattori da tenere sempre in costante controllo quando si arriva in situazioni cosi estreme.

Non essendo riusciti a partire presto la mattina, in quanto impegnati nel rifarci un minimo di guardaroba a spese di U.S.Airways o di chi per loro, decidiamo di affrontare la DV solo dopo pranzo. La meta del pranzo è la carinissima cittadina di Lone Pine, situata sullo svincolo che dalla 395 porta o a Las Vegas (passando per la DV appunto) o a Los Angeles. Finalmente riusciamo a mangiare un hamburger come si deve in un caratteristico saloon del luogo.

Finito il pranzo cominciamo a scavalcare la prima serie di montagne che ci porterà all’interno della Valley, il paesaggio è a dir poco marziano, stupendo. La strada è un continuo sali e scende, si va in pochissimo tempo da 2000 a 4000 ft. e poi ancora 2000 fin quando arriviamo in quel luogo terrificante che sono le dune all’interno della valle. Decidiamo di scendere per fare una passeggiata sulle dune e per fare qualche scatto ma ci rendiamo conto che la situazione è veramente critica, camminare è difficile, la sabbia ha una temperatura pazzesca e la disidratazione fa subito da padrona. Immaginate di essere in una sauna a cielo aperto senza possibilità di uscita se non ovviamente il refrigerio della propria macchina. Il pensiero che da un momento all’altro qualcosa possa bloccare il funzionamento del condizionatore è comunque sempre presente.

Il tutto è stato anche condito da uno spettacolare passaggio di un F16 americano in virata nel bel mezzo di un canyon dal quale si poteva osservare il fondo del deserto situato sotto il livello del mare.

Terminata la sosta alle dune procediamo verso l’avamposto di Furnace Creek. Una vera e propria oasi nel deserto con annesso campo da golf (ma chi ci va a giocare a quelle temperature? beh forse non ad Agosto la situazione è vivibile, ma di sicuro non cosi estrema).

Prima di Furnace però ci concediamo un’altra sosta per visitare un laghetto prosciugato nel quale si dovrebbe trovare una distesa di sale su cui camminare. Una camminata di 30 minuti sotto i 46 gradi mi permette di capire cosa sono le visioni ed i miraggi. Per favorire la passeggiata il tutto avviene sopra una passerella di legno; in effetti non ho ben capito se la passerella aiuta ad evitare il contatto con la sabbia o ad evitare i serpenti raffigurati su tutti i pannelli indicanti la fauna del luogo.

La tappa subito successiva a Fornace Creek è lo Zabrieskie point qualche miglio subito a sud. Zabrieskie da quello che ho letto è stato il proprietario della compagnia che ha trasformato la Death Valley da luogo minerario (soprassediamo sulle condizioni di lavoro del luogo) a luogo di passaggio per turisti. Il fascino di questo punto è indescrivibile, da qui si possono ammirare nello stesso momento il punto più alto ed il punto più passo degli Stati Uniti, il tutto avvolto in una cornice di dune e rocce dal sapore veramente alieno.

Ancora pieni di meraviglia dirigiamo verso la nostra destinazione di oggi, la cittadina di Pahrump alle porte di Las Vegas. La fortunata organizzazione della giornata ci consente di arrivare con il chiaro, cosicché approfittiamo per fare una visita a WalMart e fare scorta di acqua, la gita alla Death Valley ci ha fatto praticamente terminare le 30 bottigliette comprate il giorno precedente.

Finita la spesa arriviamo al nostro Best Western, due spanne sopra al Motel6, la camera è grande, il bagno normale ed il tutto tenuto molto meglio, l’unica cosa uguale è la cifra che abbiamo speso. Cenetta esagerata, nel senso che abbiamo ordinato troppo in un locale in Nascar Style, macchine paraurti e cofani ovunque, pizza 19” pollici americana (non male) e birra. Poi tutti a letto.

La sveglia arriva presto, per la Valli alle 4, il fuso è l’attesa dei bagagli fanno da sveglia, per me alle 6, giusto in tempo per chiamare l’hotel Montecarlo di Las Vegas, verificare di avere una prenotazione (era stata fatta ancora con Booking.com), e chiedere gentilmente di accettare i nostri bagagli in caso arrivassero in giornata.

[parentesi bagagli]

Chiedendo enormemente grazie al cognato (fratello per uno di noi due) italo-americano che ha contattato personalmente US Airways per capirci qualcosa, alle 10 del mattino chiamo anche io US Airways per avere maggiori informazioni. I nostri bagagli sono in viaggio, dovrebbero atterrare a San Francisco e da li essere portati al Montecarlo Hotel di Las Vegas… vedremo…

[fine parentesi bagagli]

Come sempre ecco la mappa della tappa di oggi…

e le foto della giornata…

2011-08-15 Mammoth Lake Pahrumps

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Ago 16

I tappa, Yosemite ed epopea bagagli

8.20, la navetta per l’aeroporto ci attende, saliamo e diamo il via al secondo grande tour per gli USA. La prima tappa è l’autonoleggio “National” al quale recuperiamo una jeeppissima Jeep Grand Cherokee. Sebbene non sia l’ultimo modello, la cosa ferisce emotivamente uno di noi, le dimensioni sono più che adeguate per portare noi ed i nostri bagagli anche se certamente la mancanza della metà di questi favorisce di molto la gestione dello spazio.

La prima tappa è la colazione, fondamentale per un buon viaggio, e cosa non di meglio se non un McDonald’s nella prima periferia di San Francisco, molto mac molto USA molto mediocre e temperature molto alte; a due giorni ho ancora problemi a sentire i gusti dopo aver accarezzato lo strato superiore della bevanda che loro chiamano caffé.

Cosa importante negli States è entrare subito in contatto mistico con l’odore di cannella, ogni cosa sa di cannella o per lo meno ne ha un retrogusto ed infatti anche il caffé, una volta raggiunta una temperatura sotto i 100 gradi (Mac deve avere un brevetto per mantenere le sostanze allo stato liquido anche dopo aver superato di molto la temperatura di ebollizione), ha il suo retrogrusto di cannella.

Finita la colazione ci lanciamo verso la statale 120 e dopo una sosta merenda da un venditore di frutta fresca cominciamo le salite che ci portano al National Yosemite Park.

La cornice è chiaramente quella americana anche se devo dire che il paesaggio non è molto diverso da quello che si può trovare sulle nostre Dolomiti, unica cosa è tutto più grande, gli alberi sono più alti, i pendii più ripidi, i guard-rail più assenti (non ci sono) e i pareti di roccia più ripide e lisce. Per il resto però l’idea è quella, bellissime montagne, grandi foreste e fiumi che formano diversi laghetti. In uno di questi abbiamo anche bagnato i piedi in segno di rispetto verso i nostri piedi che erano in cottura da ormai due ore.

[parentesi bagagli]

Piedi i miei costretti a vivere dentro un paio di sandali stile tedesco in attesa dei bagagli che neanche oggi hanno intenzione di presentarsi al nostro cospetto. Durante il tristissimo pranzo allo Yosemite (non si deve mai mangiare dentro i parchi) faccio 40 minuti di telefonate in seguito a diversi problemi sorti nel recupero dei bagagli. Una innoqua telefonata all’hotel che ci avrebbe accolto la notte successiva si è trasformata in 40 minuti di telefonate, cancellazioni e prenotazioni di nuove camere. Nel chiedere gentilmente di accettare i nostri bagagli alla reception dell’Hotel (alla fine di questo viaggio avrò guadagnato diversi punti esperienza in telefonate con persone americane dal chiaro accento non americano) scopro che non abbiamo assolutamente nessuna camera prenotata all’hotel e che la prenotazione fatta con Booking.com (ricevuta della conferma in mano mia) non era stata fatta all’Hotel. Secondo il mio modesto parere l’addetto della reception non ha capito il mio nome e non ha trovato la prenotazione ma fatto sta che ho dovuto fare una nuova prenotazione, cancellare la vecchia e richiamare (sono pur sempre americani) per chiedere di accettare i nostri bagagli nel caso fossero arrivati li in serata. Tutto questo si è comunque rivelato inutile, i nostri bagagli al momento della telefonata erano ancora a girare nel parco dei divertimenti dei bagagli all’aeroporto di Parigi.

[chiudo parentesi pagagli]

Finita la passeggiata ci rendiamo conto che ormai sono le 17.00 e abbiamo ancora 2,5 ore di strada per arrivare al nostro Motel, decidiamo quindi di rimetterci in marcia e tra cambi di guida, nausee, fuso orario che attacca e dopo aver fatto un passaggio su di una strada spettacolare in mezzo alle rocce arriviamo finalmente al nostro primo Motel, il Motel 6 di Mammoth lakes.

La catena Motel 6 è particolarmente economica ma capiamo presto perché ammirando l’architettura dei bagni praticamente scolpiti in un garage, senza piatto doccia e senza particolari fronzoli. Siamo comunque troppo stanchi per poter riflettere sulla cosa, ceniamo velocemente in un localino del luogo (cittadina molto carina) e andiamo a passare la nostra prima notte on the road sperando che il giorno dopo arrivino finalmente i nostri bagagli.

Ecco qui la mappa del percorso del primo giorno…

Ed ecco anche il link alle foto del primo giorno

2011-08-14 San Francisco Yosemite Mammoth Lakes

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Ago 13

Arrivo a SFO

Ore 7 di sabato 13 Agosto, puntuali come il canone a Gennaio siamo all’imbarco del volo che ci porterà a Parigi carichi per la nuova avventura. Sono passati solo una ventina di minuti da quando ci siamo recati al check in di Air-France rassicurati sul fatto che i nostri bagagli sarebbero andati direttamente a San Francisco.

Scalo a Parigi e di nuovo di corsa per arrivare al gate della US Airways per essere imbarcati sul volo 787 che ci porterà in quel Charlotte, ridente cittadina del north Carolina in cui cambieremo nuovamente aereo (ci sarebbe dovuto essere solo 1 scalo).

Primo segno sinistro è il non funzionamento del monitor del mio sedile, ho fatto tutto il viaggio osservando una freddissima scritta “Uploading conf.xml” di fronte a me. Fortunatamente la hostess mossa a compassione ad un certo punto mi ha caricato manualmente un film e per due orette ho avuto anche io il mio monitor.

Arrivati a Charlotte passiamo per tutti i vari controlli da fare all’ingresso sul suolo americano e, secondo segno sinistro, al riconoscimento bagagli questi non ci sono, tutti i bagagli di tutti gli italiani per San Francisco non ci sono. Troviamo un’altra signora italiana habitué di quella tratta e ci spiega che 2 volte su 3 con Air France succede questo. In effetti Air France non è Star Alliance come US Airways e questo potrebbe essere parte natura del disagio. Fatto sta che mi viene anche comunicato che molte volte i bagagli si trovano direttamente a San Francisco. Fiduciosi di questo ci imbarchiamo per un volo interno di 5 ore verso San Francisco.

Arrivati a San Francisco corriamo carichi di fiducia al carosello dei bagagli e come succede spesso prendiamo la nostra fiducia e ci facciamo un’impepata di cozze. I nostri bagagli non sono arrivati a SFO ma non hanno neanche lasciato Parigi, Air France non li ha caricati. Facciamo tutta la procedura riguardante lo smarrimento (tramite US airways che però non ritiene di avere colpe non avendo mai ricevuto i bagagli da Air France) e partiamo per l’Hotel con un Taxi; in realtà non ci siamo accorti che c’era la navetta gratuita ma eravamo troppo stanchi e incazzati per poter ragionare.

Arrivati all’hotel troviamo i nostri amici, andiamo a cena e corriamo a dormire dopo 21 ore di viaggio senza i nostri bagagli. Il sonno arriva e riporta con se un minimo di speranza sull’arrivo dei nostri bagagli per il giorno successivo, speranza che verrà ben presto affettata come un salame un Natale.

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Ago 13

Si parte

Solo 4 ore fa atterravo a Bologna (la valli è arrivata anche lei in mattinata) dopo un viaggio di lavoro a Parigi e tra 4 ore saremo di nuovo in aeroporto per il nostro secondo grande viaggio verso gli States facendo scalo nuovamente a Parigi. Potevo aspettare li direte voi, certo ma non sapevo del viaggio di lavoro fino a 3 mesi fa ed i biglietti erano già pronti e soprattutto io amo volare che è più che sufficiente.
Ho di fronte a me 2 misere ore di sonno ma guardando oltre in realtà di fronte ci sono 3 settimane di sogni in giro per il lontano far west.
Il programma prevede partenza ore 7.20 da Bologna, scalo a Parigi e partenza alle 11.10 per la volta di Charlotte dove cambieremo nuovamente aereo muovendo infine verso san francy nella quale dovremmo atterrare alle 19.10.
In questo viaggio non saremo soli, verremmo infatti anticipati a san francisco da due nostri amici che ci accompagneranno nell’avventura.
Sveglie cariche… Valige “quasi” chiuse ed emozione che sale ora che posso rendermene conto. L’arrivo a casa oggi è stato modello pit-stop formula 1; per ottimizzare i tempi ho spento la macchina di fronte al garage e la valli era già pronta con la lavatrice aperta per lavare i vestiti utilizzati questa settimana a Parigi (io non ho ricambi per 21 giorni). Ora stanno asciugando, che chi volete voi ce la mandi buona, o per lo meno mangiabile diceva quel tizio.
A domani per i primi racconti di viaggio… Ora dormo una 130ina di minuti :-)… Billy arriviamo

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